Alla Fondazione Vuitton di Parigi è arrivata la programmazione primaverile. Fino al 17 giugno, nella parte inferiore dell’edificio, si può ammirare la collezione Courtauld in trasferta da Londra. Fu messa insieme dall’omonimo industriale tessile (1876-1947), appartenente a una famiglia ugonotta francese rifugiata in Inghilterra a seguito della revoca dell’editto di Nantes nel 1685. Focalizzata sugli impressionisti e post-impressionisti, l’esposizione si apre con una tela preparatoria del Déjeuner sur l’herbe e con l’altrettanto iconica composizione Bar alle Folies-Bergère di Manet. A seguire, opere famosissime di Cézanne (La montagna Sainte-Victoire, Giocatori di carte), Renoir, Degas, Monet (La gare Saint-Lazare, Paesaggio di Antibes), Seurat, Toulouse-Lautrec (Jane Avril all’ingresso del Moulin Rouge). Gauguin è presente con varie opere; di Van Gogh è il celeberrimo Autoritratto con l’orecchio bendato. Non mancano Modigliani (Nudo femminile), Rodin, Picasso. Una saletta accoglie dieci acquerelli di Turner, appartenenti alla collezione del fratello di Samuel Courtauld, Stephen. Dopo questa tappa parigina, la collezione Courtauld partirà alla volta del Giappone. Dal 3 luglio al 26 agosto le sale accoglieranno un insieme monumentale di disegni di Gilbert & George del 1971, dal titolo “There Were Two Young Men”. Ai piani superiori invece, fino al 26 agosto, è visibile un’altra mostra, comprendente una selezione di opere appartenenti alla fondazione e focalizzata sul rinnovamento delle modalità formali e delle espressioni pittoriche dagli anni sessanta del Novecento a oggi. Insiemi monografici sono dedicati a Joan Mitchell (che iniziò a dipingere tele di grande formato nel 1968, quando si stabilì a Vétheuil, cittadina dove aveva vissuto Monet) ed Ettore Spalletti (con opere degli anni Duemila memori del cielo e del mare d’Abruzzo). Le opere di Gerhard Richter e Alex Katz dialogano in una stessa sala. Ritroviamo Richter nella sezione “Colore, luce e spazio” con un grande lavoro del 2007 dal titolo 4900 Farben [4900 colori] insieme alla serie di variazioni in omaggio a Tatlin di Dan Flavin e a White Dark Blue di Ellsworth Kelly. Terminiamo con Niele Toroni che, secondo una metodologia sviluppata nel 1966, applica un tocco di pennello della larghezza di 5 centimetri a un intervallo regolare di 30 centimetri: ogni sua “impronta” è unica, secondo la quantità di pittura, il supporto utilizzato e il vigore del gesto.