Il 16 marzo sbarcherà nei cinema La Bella e la Bestia, rivisitazione in chiave live action dell’omonimo classico d’animazione. Ho visto il film in anteprima e posso predire l’esito al botteghino: sarà un successone, lo ameranno tutti… ma proprio tutti. Perché? Perché la società odierna ama i protagonisti che maggiormente si discostano da essa, dalle proprie abitudini, dai propri costumi, dai propri (pochi) pregi. La Bella e la Bestia è uno “spaccato fiabesco” che si staglia come un divertissement per tutte le età, con qualche elemento drammatico e una fragranza romantica che pervade il 90% delle scene, senza alcuna pretesa di moralizzazione o insegnamento. Belle, interpretata da Emma Watson, protagonista/cardine “irradiante”, non assomiglia a nessuna donna del nostri tempi, a nessuna ragazza dei giorni nostri (restano sempre salve le infinitesimali eccezioni) e ciò la renderà una paladina amatissima, una sorta di “suffragetta” del nuovo millennio, più di quanto non lo sia già dal lontano 1991 (anno d’uscita nelle sale del film d’animazione). Belle è una “diversa” all’interno di una società maschilista, gretta, cieca, superstiziosa e priva della benché minima propensione alla cultura e alla sensibilità (non vi ricorda qualcosa?). Una bellissima ragazza con una dote che pochi oggigiorno possiedono: la resilienza. I libri aiutano Belle a plasmare il proprio mondo e poco importa se nel suo piccolo paesino, Villeneuve, tutti vogliono che le ragazze non imparino a leggere e trovino il prima possibile un marito per iniziare a sfornare figli, Belle ha un padre che non le impone nulla, non la opprime e la fa crescere libera, come è giusto che sia. Il regista Bill Condon definisce il personaggio di Belle un’eroina femminista, un modello di emancipazione per le bambine di tutto il mondo. “A Belle non interessa diventare una principessa”, afferma il regista, “È più interessata a esplorare il mondo e scoprire la propria identità che a trovare un uomo da sposare”. Quando Belle si rende conto che la Bestia è esattamente l’uomo colto, amante della lettura, che ha sempre sognato; l’uomo comprensivo, generoso e protettivo che la potrebbe rendere felice, allora capisce che quella e solo quella è la realtà in cui vuole vivere. Sciorinerete a memoria i dialoghi e le canzoni che sicuramente conoscete e apprezzerete le poche modifiche apportate all’opera del ’91. Meraviglioso Kevin Kline, nelle vesti di Maurice, il padre di Belle, che non vi farà rimpiangere il ventre pingue e le guance paffute del personaggio del classico animato. Josh Gad interpreta magistralmente il primo personaggio gay di un film Disney, Le Tont, il piagnucoloso tirapiedi di Gaston. Riderete con Ewan McGregor, che interpreta il candelabro Lumière; Stanley Tucci, il Maestro Cadenza, un clavicembalo; Audra McDonald che interpreta Madame Guardaroba e Ian McKellen, l’orologio Tockins. Vi commuoverete con Emma Thompson, che interpreta la celeberrima teiera Mrs. Bric, e verrete travolti dal candore e dalla spontaneità di suo figlio Chicco, interpretato da Nathan Mack. Il film, tratto dalla fiaba di Jeanne-Marie Leprince de Beaumont, ha il privilegio di spiegare ciò che il pubblico del classico animato si è sempre chiesto:
“Perché Belle non ha una mamma?”
“Come si chiama la fata che lancia l’incantesimo sul principe, sulla servitù e sul castello? E, soprattutto, dove si trova quando l’incantesimo viene spezzato?”
In un mondo di fedifraghi, digitanti narcisisti affetti da dipendenza da social network, non-lettori di non-libri e depensanti fondamentalisti (politici e religiosi), sono uscito dalla sala con la voglia di vedere sempre più “donne Belle” intorno a me. Il dramma è che se da un lato è fin troppo semplice innamorarsi di Belle, e incoronarla dunque paladina di tutte le donne, dall’altro è necessario uno sforzo immane per emularla, giacché per agire come Belle bisogna diventare prima un’anima bella.
La rosa non ha perso tutti i petali, c’è ancóra una speranza…