Sono passati quarant’anni da quando il corpo dell’onorevole Aldo Moro è stato fatto ritrovare dalle Brigate rosse all’interno del bagaglio di un’auto crivellato di colpi in via Caetani, a due passi dalla sede nazionale della Democrazia cristiana e del Partito comunista. In pochi hanno sottolineato che il luogo del ritrovamento è esattamente all’ingresso di palazzo Caetani, sede del Centro studi Americani, una struttura che si occupa di promuovere e valorizzare i rapporti tra Italia e Stati Uniti. Un messaggio che diventa chiaro se si legge l’ultimo libro, edito da Edizioni Ponte Sisto con la prefazione di David Sassoli, del giornalista e scrittore Pino Nazio intitolato “Aldo Moro: la Guerra Fredda in Italia”. Nazio propone, dati alla mano, una lettura che trova le ragioni della morte dello statista nel tentativo di bloccare la strada dei comunisti italiani verso “la stanza dei bottoni”. Moro, fin dal dopoguerra lungimirante interprete della politica nazionale, aveva voluto l’ingresso del Pci nell’area di governo e per questa ragione è stato eliminato. Che il compito di ucciderlo sia ricaduto sulle Brigate Rosse non è determinante, quello che è fondamentale è il motivo per cui lo statista sarebbe comunque dovuto morire. Il libro ripercorre la stagione delle stragi e della strategia della tensione, degli attentati e del terrorismo rosso e nero, restituendo un quadro unitario e chiaro di quello che è successo. Un modo per scoprire i retroscena di avvenimenti drammatici, solo apparentemente senza colpevoli. Si parte dalla strage di Portella della Ginestra, passando per quella di Piazza Fontana, fino all’attentato al treno Italicus su cui Moro avrebbe dovuto viaggiare e poi, per un contrattempo, scendere all’improvviso. Si parla della salma di Mussolini, trafugata dalla sua originaria sepoltura, e dell’attentato a Togliatti, dei numerosi tentativi di colpo di Stato e della loggia massonica P2 di Licio Gelli, degli apparati di sicurezza che invece di difendere la Repubblica, lavoravano per le potenze straniere. Una storia avvincente che si legge d’un fiato come un romanzo, se non fosse che ha lasciato una lunga scia di sangue di migliaia di innocenti. “Esiste un filo sottile”, scrive Pino Nazio, “invisibile come un fiume sotterraneo, che lega tanti avvenimenti oscuri del dopoguerra”. La prefazione del libro l’ha scritta David Sassoli, profondo conoscitore dell’opera di Moro. “L’Italia non era un paese qualsiasi dell’Europa occidentale”, scrive il vicepresidente del Parlamento Europeo, “ma una vera e propria frontiera… Come in ogni frontiera la sfera politica e quella militare non ammettevano vistose dissonanze” .La morte di Moro ha contribuito a rendere –ancora oggi- il nostro Paese più debole e incerto.