È curiosa l’intervista che segue. Anzi oserei dire, illuminante. Sono contenta di pubblicarla per varie ragioni. La prima perché stimo Angelo Orazio Pregoni come artista e come persona e poi perché era ora che qualcuno si ponesse contro l’oligarchia della profumeria francese e che iniziasse una una battaglia onesta e priva dei “colpi bassi”, a cui la stessa ci ha abituato, con la speranza di trovare consenso in altri Nasi internazionali come precursore di un nuovo movimento di rottura, prima di tutto culturale, in quanto esistono prove concrete di mancanza di una preparazione basilare. Curiosi? Eccola!
Parlando di successo della profumeria francese, vera e propria roccaforte del lusso, spesso si ha la sensazione di percorrere una storia tra mito e leggenda. Oggi che ci sono realtà come O’Driù, che riescono davvero a distinguersi, quale sarà la nuova direzione del lusso?
Non credo che i francesi si occupino di lusso, forse sarebbe meglio dire che loro hanno unito il marketing alla cultura del lusso, commercializzando come lusso tutto quanto sia stato dapprima banalizzato e stereotipato. Purtroppo la loro cultura mitica e storica nel mondo dei profumi ha generato una sub-cultura commerciale fatta e gestista da baroni privi di ogni forma di creatività e intelligenza. I francesi vendono a noi la loro capacità di sapersi presentare ottimamente, null’altro. Credo comunque che alcuni fenomeni nell’ambito della profumeria mondiale vadano seguiti con attenzione, soprattutto quei fenomeni che propongono fragranze veramente ben fatte e costruite con totale indipendenza e senza ricatti di sorta. Presto o tardi il gusto del finto bello, sempre uguale a se stesso, cesserà, per lasciar sempre più spazio a talenti moderni, a veri artisti. La profumeria francese dovrà ripensare a se stessa, smettendola di rapinare idee geniali qua e là facendole proprie, sempre dopo averle private di ogni forma d’intelligenza. Il mondo mediorientale già si sta allontanando dai concetti di profumeria classica e per di più si sta proponendo con successo; anche negli States iniziano a svilupparsi nuovi concept di profumeria. Chi, come me, si espone in questo senso in Italia è un individuo a se stante, deve essere coraggioso e sicuro del proprio valore, perché subisce il boicottaggio del mass-market e persino della nicchia.
Il mondo della profumeria sembra ancora statico, a volte addirittura obsoleto, nonostante la continua evoluzione dei settori ad esso attigui. In questo momento Essere un Naso d’Autore, un creativo, lo consideri un lusso?
Credo che il lusso o se vogliamo l’estremizzazione del senso del gusto verso il costoso, sia un fenomeno che ancora lotti con le impostazioni culturali illuministe. Se l’Illuminismo da un lato ha generato le prime idee di cosmopolitismo, dall’altro è pur vero che ha attratto l’attenzione del mondo intero verso gli ideali di libertà di pensiero della nuova corrente filosofico letteraria e poi politica francese. La Francia, da quel momento, diventa la guida culturale occidentale. L’indagine razionale degli illuministi fu adottata anche per l’esperienza estetica, si tentò di applicare un unico principio estetico alle arti, riconducendo il pensiero sotteso ai canoni di bello ad un presupposto oggettivo. Pertanto ben presto venne a mancare una scala di valori estetici, e per conseguenza l’assenza di questi parametri variabili generò l’idea di “gusto” come espressione soggettiva. Il “gusto” dunque poteva sublimare persino la bellezza classica, preferendole il brutto che aveva la forza di risvegliare nell’animo umano maggiori emotività. L’attuale mondo statico della moda è permeato da questo concetto del “gusto”, come se si parlasse di una acquisizione dalla quale sia impossibile allontanarsi. Andy Warhol aveva ben evidenziato come il gusto pop (cioè di massa) potesse assurgere a nuovo canone estetico imperante! Ebbene il mondo del moda percorre sempre le stesse due strade: una porta verso la rigidità del lusso, l’altra verso il consumismo super-commerciale. Il mio tentativo come Naso è quello di riproporre la soggettività del gusto come vero lusso! Appropriandomi di concetti antropologici e culturali non occidentali, ho potuto rigenerare il mio pensiero. Da questo è nato Peety un profumo esclusivo e di lusso, che diventa (se addizionato da 10 gocce di pipì) un su-misura personale con caratteristiche di marketing assolutamente pop e valori magici o se vogliamo superstiziosi primitivi. Peety è il mio contributo al lusso e all’arte: un profumo feticcio!
Partendo dall’origine del concetto di lusso nel mondo della profumeria si può ancora parlare di “valori della tradizione” nonostante lo scarso valore intrinseco delle materie prime
Direi di no! La Francia ha in Grasse un punto di raccolta delle essenze provenienti da tutto il mondo. Forse questa è l’unica tradizione (per quanto ben diversa da un tempo) di cui si possa parlare. Per il resto si parla di un mercato del lusso indotto dalla pubblicità più che dal valore. O spesso dall’auto-referenzialità, ossia i francesi si vendono uno con l’altro. E spesso il consumatore finale è, a sua insaputa, assuefatto a riconoscere il bello. Sì, perché è molto diffusa l’abitudine a usare prevalentemente la “galette”, ossia una “torta” composta da quattro ingredienti odoranti che è alla base di tutti i profumi. Il nostro senso del’olfatto è quindi stato per così dire viziato a riconoscere la galette, anche quando ben nascosta da altre note, e ad apprezzare di conseguenza la fragranza finale. L’aggiunta di qualche colorante a profumi che nascono trasparenti (perché privi di essenze naturali) fa il resto: e pensare che i profumi colorati di viola, verde, rosso o rosa ci piacciono così tanto! Tutto il meta-linguaggio della profumeria in qualche modo parla all’occhio o alle nostre conclamate consuetudini, mai al naso.
Infine…qual è il vero “lusso” che la profumeria francese non potrà mai permettersi?
La libertà creativa. Si sono massacrati di false regole e di rapporti industriali da pura casta, tanto che non permetterebbero a nessun Naso di poter essere libero. E non voglio parlare dei falsipostulati su cosa si possa fare e cosa no: vere e proprie regole da trust.
Foto di Albino Ventura a destra e Immagine di Stefano Macaione a sinistra