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Metropolis. Il capolavoro ritrovato

Per la prima volta al Museo Nazionale del Cinema di Torino una mostra interamente dedicata alla creazione del film Metropolis (Fritz Lang,1926), capolavoro tedesco del cinema mondiale. Un’ode all’energia elettrica della metropoli (americana) in ascesa e alle sue stridenti contraddizioni. Il titolo dell’esposizione si riferisce alla storia materiale di Metropolis che, appena uscito, dovette subire numerosi tagli. Fino al ritrovamento, nel 2008 a Buenos Aires, di una versione del film quasi completa, che ne ha consentito il restauro. La mostra riunisce documenti originali e fotogrammi  inediti appartenenti alle collezioni della Deutsche Kinemathek, arricchite da una serie di immagini provenienti dagli archivi della Cinémathèque française. I pezzi in esposizione sono tantissimi: la sceneggiatura, la partitura della colonna sonora, i progetti architettonici e i bozzetti dei costumi, i disegni degli effetti speciali, gli accessori di scena e l’attrezzatura cinematografica, oltre a centinaia di fotografie delle riprese, realizzate durante la lavorazione. E si mimetizzano con gli spazi della Mole Antonelliana; tanto che all’ingresso, nell’Aula del Tempio, non si capisce bene dove trovarli. Finché non vi imbattete in una delle cineprese utilizzata dall’operatore Karl Freund, alta quanto i 33 grattacieli che le fanno da sfondo. L’allestimento continua su per la rampa elicoidale, dove troverete anche 7 monitor che proiettano spezzoni del film, con le sequenze ricostruite e ritrovate. Straordinario il lavoro sui costumi della protagonista del film, Maria, e del suo alter-ego macchinico, robot-Maria. Quest’ultima, «in quanto donna-macchina, doveva suscitare l’effetto più abbagliante e freddo possibile. Sul corpo nudo e bianco della donna furono fissate pietre scintillanti per aumentare l’impressione dell’insensibilità della creatura meccanica» ha dichiarato la costumista Aenne Wilkomm. Un trionfo ammaliante di diademi, strass, paillettes e pizzi argentati nelle scene di folle e dissoluta vita notturna. «Non si trattava di creare la moda di domani (…) ma la moda dell’anno 2000, un’epoca che ci sembrava lontana e fantastica. (…) Chi lo sa se gli uomini del 2000 indosseranno abiti simili? Forse un giorno guarderanno METROPOLIS del 1926 e si stupiranno per la veridicità della fantasia». Forse. Non vi resta che visitare la mostra e scoprirlo.

 

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