«Ciao Vittorio, ho trovato le tue illustrazioni su Instagram e mi piacerebbe saperne di più. Posso intervistarti?» Un approccio così è decisamente poco professionale, poco giornalistico e ad alto rischio perché il Vittorio in questione potrebbe non rispondere, pensare che il sedicente intervistatore sia un perditempo, un millantatore e chissà cos’altro. Anche questa volta sono stato fortunato. Ecco perché.
Nome. Te lo domando perché mi sembra giusto sia tu a presentarti in modo migliore rispetto a quanto non abbia fatto io nell’introdurre l’intervista. Vittorio Pascale. Per mio nipote, e ormai anche per gli amici, Zio Uva. Non chiedermi perché ma il mio primo nipotino, Alessandro, appena ebbe il dono della parola mi chiamò zio Uva. Ora mi chiama Zio Uva o zio Vittorio o zio Pirata. Professione? Sei un illustratore ma sei anche molto altro e, lo hai scritto tu stesso, non sei il tuo lavoro. La mia professione principale è cercare di evolvere tenendomi in contatto con quella scintilla che qualcuno chiama anima, altri il vero Sé. Purtroppo lo Stato non mi paga per questo e quindi per campare ho scelto di occuparmi di progettazione e produzione di allestimenti ed eventi. Ho sempre fatto un lavoro che potesse darmi la forza di alzarmi la mattina e fare davvero ciò che desidero fare, anche se alcune volte mi sono stati richiesti sacrifici, privazioni o orari assurdi. Tuttavia pretendo il rispetto di una vita che non è fatta dal lavoro o da un “titolo” ma da doti personali e inclinazioni caratteriali che contraddistinguono ogni essere umano. Nasciamo uguali e moriamo come gli altri. Il titolo non è ciò che, per l’anima, fa la differenza. Com’è nata l’idea di Trikona? Mentre praticavo yoga. Nello specifico durante la posizione del triangolo chiamata Trikonasana (“trikona” significa triangolo, “asana” posizione). Ho realizzato, nello stare immobile, come un triangolo possa generare un sistema omogeneo di parti (come il viso) sottraendone alcune (come gli occhi o le labbra) denunciando il potere eccessivo che diamo alla vista a discapito di ciò che percepiamo sia con gli altri sensi ma anche con qualcosa che va al di là dei sensi. Qual è allora il significato di “Trikona”? Nello specifico il termine Trikona è un vocabolo sanscrito che vuol dire triangolo. Il triangolo è una figura che nella cultura yogica, e non solo, simboleggia l’unione omogenea di corpo, mente e spirito. Lo yoga, per l’appunto, è un’arte che insegna al praticante ad eliminare le dualità o molteplicità presenti in esso per raggiungere uno status di completa armonia tra le diverse parti che lo compongono. E per parti non intendo solo quelle che vediamo ma anche quelle all’interno di noi stessi. Qual è il processo creativo che metti in atto quando sviluppi le tue illustrazioni? Tecnicamente i Trikona sono generati partendo da un’immagine che ricalco e che man mano “triangolarizzo” dando delle campiture di colore che degradano per dare un senso di profondità e di ombra ai visi o agli oggetti che illustro. Su un piano più emozionale è come entrare in una specie di meditazione e di “gioco del rilassamento”; man mano entro in un silenzio emotivo che mi aiuta a capire come rendere molto semplici alcune forme complesse: è proprio nella semplicità che, alle volte, si nasconde la vera complessità della natura delle cose. Nel descrivere il tuo lavoro affermi che segui il proverbio buddista “Come siamo dentro così siamo anche fuori”. A questo è legata anche la scelta della forma triangolare? Perché? Certo. A questa domanda in realtà, facendo una piccola divagazione, ho risposto prima. Mi spiego meglio: il triangolo rappresenta l’unione dei tre principali elementi di cui siamo fatti. Nel momento in cui essi formano un’armonia omogenea riusciamo ad affermare al mondo chi siamo, cosa siamo e cosa facciamo. Uso il termine affermare e non imporre poiché l’affermazione genera sempre una crescita, invece un’imposizione non dà possibilità di replica. “Se una corda è troppo tesa rischiamo di far stridere il nostro strumento, se invece è troppo molle lo strumento non suona per niente. (Buddha)”. Sul tuo sito ci sono le sezioni “Portraits”, “Fashion” e “Special Projects”. Dalla sua nascita ad oggi, dove ti ha portato Trikona? Ad esser più centrato e creativo. A guardare i social come un’opportunità di indagine per la mia arte che prende vita dalla vita altrui, dalle selfie in bagno o al parco, da barbe fatte crescere più del dovuto. Non sono le situazioni ma le sostanze delle cose a farmi scegliere i vari progetti per i miei Trikona. Quali progetti hai per il tuo futuro da illustratore? Riuscire a comunicare alcuni messaggi senza sembrare invasato o troppo estremista. I Buddhisti o gli yogi (praticanti di yoga, ndr) alle volte vengono visti come animali da circo o esseri perfetti che non “sbarellano” mai – passatemi il termine. Credo invece che ogni strumento o mezzo possa essere utilizzato da ciascuno per formulare libere interpretazioni di concetti ed esperienze; in questo modo ciascun essere umano può interpretare o vedere qualcosa di nuovo o di bello. Nel mio sogno vedo dei trikona che aiutano le persone a entrare in silenzio, a calmarsi: una specie di Mandala. Ho in mente una mostra, per tornare sul piano reale. Ma di questo, magari, parleremo nella prossima puntata.
Namaste